A cura di Antonella Ciurlia  (Psicoterapeuta e didatta IPR)       

In questo surreale periodo di “quarantena” siamo costretti a rimanere a casa e per impegnare utilmente il nostro tempo possiamo dedicarci ad attività per le quali normalmente sembra sempre non essercene abbastanza, ad esempio leggere un buon libro o guardare un bel film.

Questa emergenza ci ha costretto, inoltre, ad attivare la didattica on line per il corso di specializzazione, ed è proprio mentre preparavo la lezione per gli allievi del secondo anno sulle famiglie adottive che mi sono imbattuta in un film di cui vorrei parlarvi oggi.

Le suggestioni cinematografiche quando preparo un seminario o una semplice lezionesono sempre molto efficaci, poiché l’associazione del linguaggio verbale e delle immagini trasmette messaggi ed emozioni con più forza e apre a riflessioni interessanti.

In questo caso ho individuato un film del 2016, LION, che ha ricevuto importanti candidature agli Oscar e ai Golden Globe. Segnalo questo film perché è, a mio avviso, in grado di cogliere almeno due aspetti particolarmente importanti del processo adottivo. In primo luogo l’esperienza di vita da cui i bambini adottati provengono: storie di sofferenza, di povertà, di espedienti, di separazioni, di maltrattamenti.  Bambini che hanno un proprio bagaglio di esperienze, spesso traumatico, e che non può essere cancellato neppure dall’esperienza adottiva più riuscita.

L’adozione può rappresentare un’esperienza riparativa che migliora e agevola lo sviluppo del bambino, ma non elimina la sua storia che deve essere, invece, integrata nella sua esperienza di crescita.  

In secondo luogo il processo di affiliazione tra minore adottato e famiglia adottiva, nel tempo, va incontro a cambiamenti ed evoluzioni fino a raggiungere un punto di “crisi” nella ricerca delle origini.

Il protagonista del film, ormai adulto, sente il bisogno di ricostruire il proprio passato, di ricordare e riappropriarsi di un fondamentale pezzo di storia e di identità. Cosa genera questo dentro di lui? Nei suoi genitori? E nella loro relazione?

Senza voler svelare troppo della trama e del finale, credo che questo film possa essere efficacemente utilizzato nella formazione, ma anche  essere semplicemente guardato per poter riflettere come clinici psicoterapeuti sulle famiglie che incontriamo e sulle dinamiche che un’adozione attiva nelle diverse fasi del ciclo vitale familiare e individuale. Buona visione!