Siamo nell’epoca delle alleanze e delle contaminazioni felici tra scienze umane e scienze della mente, stiamo recuperando il significato della natura estetica delle relazioni umane, in particolare della relazione terapeutica. Diventa pertanto sempre più importante nell’esperienza clinica  occuparsi non solo del “che cosa” e del “perché”, ma anche del “come”. Come si sta nel dolore, nel silenzio, come si sostiene l’intensità di un conflitto familiare, come si coglie il dinamismo delle forme vitali di una coppia o di una famiglia, come si gioca con i bambini, come si favoriscono momenti di sintonizzazione mentale, come si crea e si mantiene un campo intersoggettivo, come si utilizzano in maniera creativa strumenti, tecniche e risorse nel setting.

L’estetica è la fedeltà alla forma, è l’istanza dell’etica.

Sviluppare una mente estetica significa allora costruire un modo di stare in relazione centrato sulla sensibilità e l’intuizione, sulla leggerezza e l’immaginazione, un modo di attraversare il dolore e trasformarlo in bellezza.